martedì 9 settembre 2014

Il mobbing in casa propria. Analisi di un fenomeno nascosto.

Negli ultimi decenni si sente parlare molto di mobbing , soprattutto in ambito lavorativo. Ma il mobbing ha un'accezione anche in ambito familiare. In alcune famiglie (fortunatamente il fenomeno riguarda solo una piccola percentuale di esse), questo tipo di mobbing non è di facile individuazione. Molto dipende dalla classe sociale a cui la famiglia appartiene, dal grado di istruzione dei genitori, dall'importanza anche che la singola famiglia intende dare all'immagine di sè all'esterno, dal tipo di contesto sociale nel quale sono inserite. Quasi sempre quando ci si riferisce al mobbing in famiglia si parla di un certo tipo di violenza, implicita od esplicita, che il coniuge, e questo accade sovente in fase di separazione, esercita nei confronti dell'altro in presenza dei figli. Il mobbing familiare di cui voglio parlare, invece, è quello che, a volte inconsciamente, si esercita nei confronti di uno dei figli, coinvolgendo l'intero gruppo familiare e facendo assurgere al figlio "preso di mira" l'infausto ruolo di pecora nera. Il mobbing si esplicita attraverso prese in giro ripetute, di svilimento delle capacità, di denigrazione continua, di soffocamento dei desideri e dell'espressione dell'unicità del figlio che inconsciamente e involontariamente ne diviene un "capro espiatorio". Atteggiamenti che invece di incentivare i talenti dei figli, ne negano l'esistenza, tendendo a sminuirli in tutti i frangenti, e cosa che accade, a mio parere gravissima, spesso anche in presenza di persone non appartenenti all'ambito familiare, estranei,  e venendo meno come supporto genitoriale che incoraggia, supporta, rimprovera avendo un progetto educativo ben preciso, generano nel "mobbizzato" diverse reazioni di sconfitta, solitudine, sfiducia nelle proprie capacità, danni nella costruzione della propria autostima e definizione della propria identità. L'immagine in costruzione dell'adolescente ne risente nelle corde più profonde, proprio perchè è un'immagine in divenire in cui gli occhi con cui viene visto dai familiari assumono un ruolo di fondamentale importanza. Una delle reazioni più comune è il desiderio di sparire, di nascondersi. La vittima avverte che la propria presenza è in qualche modo "stonata", ossia non è in sintonia, non trova una felice collocazione nella propria famiglia e genera anche sentimenti di forte inadeguatezza nei confronti del gruppo familiare e questo soprattutto in età adolescenziale, quando i ragazzi stanno per spiccare il volo, ma con uno sguardo continuamente rivolto verso il nido per prendere coraggio e forza nell'affrontare il mondo, questo sconosciuto. In questa fase la presenza della famiglia, non solo fisicamente, ma pedagogicamente è fondamentale. Di solito viene mobbizzato il diverso, quello che si distingue dagli schemi adottati nel gruppo di appartenenza. Non necessariamente ha un comportamento obiettivamente eccentrico od estroso, ma tale appare agli occhi dei familiari che, vedendo i propri schemi infranti, gli attribuiscono quel senso di estraneità, che accompagnerà il mobbizzato molto a lungo,o almeno fino a quando non avrà maturato una sorta di sano distacco da quel nucleo familiare "viziato"; distacco che spesso richiede l'ausilio di esperti e professionisti in ambito psicologico.
Tra l'altro, per l'adolescente è difficile prendere coscienza di ciò che sta accadendo in famiglia, vuoi perchè la famiglia è immatura, vuoi per mancanza di basi solide valoriali, vuoi per mancanza di cultura, per cui, molto difficilmente il mobbizzato in famiglia riuscirà ad avere con chiarezza e lucidità il quadro della situazione. Per questo motivo è necessario che in primis i genitori  qualora avessero avvisaglie su una reazione di nascondimento del proprio figlio, avviino un'attenta analisi, si mettano in discussione, si interroghino sulla qualità e sulle modalità con cui si esplicitano i propri atteggiamenti nei confronti dello stesso, per estirpare qualsiasi comportamento che possa in qualche modo soffocare l'unicità delle singole persone.
Ed ecco un elenco di campanelli di allarme che possono emergere in famiglia,  la cui causa non è necessariamente da attribuire al carattere delle persone bensì ai comportamenti ed agli atteggiamenti che noi stessi   rivolgiamo nei confronti di quella persona ( nostro/a figlio/a) danneggiandola talvolta inconsapevolemente.
1) Nostro/a figlio/a si chiude in se stesso, non parla o al contrario fa di tutto per attirare la nostra attenzione
Quando incomincia a parlare lo ascoltiamo o lo interrompiamo magari prendendolo in giro?
Ascoltiamo nostro figlio, non solo con le orecchie, ma con l'intera persona, con il nostro corpo, annuendo, guardandolo, dedicando un pò del nostro tempo seduti accanto a lui, in uno spazio che favorisca il confronto e l'emergere di emozioni?
2) Quando propone qualche attività che coinvolge tutta la famiglia...
Lo ascoltiamo con interesse e valutiamo la sua proposta, o bocciamo subito la proposta con epiteti poco gradevoli e magari in futuro se la stessa attività viene proposta da un altro familiare la accogliamo senza esitazioni?
3) Se nostro figlio porta un brutto voto a casa, litiga con un amico, perde qualcosa...
Lo redarguiamo con amorevolezza o il nostro rimprovero è accompagnato da frasi del tipo "non capisci mai nulla" " non ne fai una buona" " sei sempre il solito" " meglio stare alla larga da te" " combini solo guai"...


Ecco, questi vogliono essere solo piccoli spunti di riflessione per soffermarci sui nostri comportamenti nei confronti dei familiari...la famiglia è un micro-sistema all'interno del quale si forma la nostra prima immagine di persone adulte, e per questo è di fondamentale importanza che l'ambiente non sia solo naturalmente affettivo, ma ci si impegni affinchè ciascun membro della famiglia trovi il suo giusto spazio per essere pienamente persona perchè l'amore se non è accompagnato dall'ascolto attivo, da una preparazione al ruolo genitoriale, da un interesse pedagogico, da solo non basta.

7 commenti:

  1. Interessantissima riflessione questa!!! Fa davvero pensare a come i nostri comportamenti a volte scontati o semplicemente sbadati, possono cambiare la vita di un famigliare...

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  2. Salve Dottoressa!

    Lei è riuscita a tradurre su carta quello che io ho vissuto in prima persona. Oggi, all'età di 35 anni, ancora ho problemi causati dalle continue vessazioni esercitate su di me da mia madre fin da piccola, con il supporto di mio padre (per di più poco presente) e di mio fratello.
    Nessuno di loro sembra rendersi conto di come mi hanno trattato, nonostante sono sempre stata una ragazza brava, coscenziosa e seria...
    Ad oggi il problema è rappresentato dal rapporto con mio fratello, il quale sembra disprezzarmi (dal momento che non vede in me nulla di positivo). Mi sento una senza-famiglia. Che consigli potrebbe darmi? Non credo che lui possa comprendere queste cose.
    La ringrazio anticipatamente,
    Cordiali saluti,
    Catia

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    1. Stessa situazione descritta da Catia per me... Ora ho una vita fallimentare e dispersiva... non riesco a sbrogliare la matassa di dubbi e perplessità sulla mia esistenza come uomo, marito e padre...

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    2. Stessa identica cosa di Catia per me.
      Ho 44 anni e mi sento un fallito sotto ogni aspetto, sia come uomo che come marito e padre...

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    3. Cara Catia, personalmente credo sia davvero importante riconoscere la fonte dei nostri pensieri...quando ci sentiamo inadeguati o inadatti ad affrontare qualche situazione o abbiamo giudizi negativi di noi stessi, credo sia davvero utile cercare di capire se qualcuno in passato abbia più o meno espresso gli stessi pensieri su di noi. Una volta individuata la fonte questa va contestualizzata....perchè quella persona ci diceva quella determinata cosa, io quanti anni avevo, avevo raggiunto l'autonomia di pensiero, dipendevo ancora da qualcuno? Fatto ciò , cioè allontanati i pensieri da noi attribuendoli a chi davvero ce li ha inculcati in passato, possiamo prenderne le distanze capendo che ora siamo persone diverse, con tutti i nostri pregi e difetti, e piano piano staccarci da una visione retrospettiva ma proiettarci sul presente...sul qui ed ora. Qui cosa faccio ed ora cosa voglio. Spesso la paura dell'altezza e del vuoto di risolve guardando in alto...scopriremo di avere tante risorse che nessuno può limitare, nemmeno il nostro dolore.

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    4. Caro Dami la sensazione di fallimento è un modo di dare la vittoria a chi ci ha voluto male. Di solito si tende a spegnere chi ha più risorse, chi è più originale, chi pensa con la propria testa, e la sensazione di fallimento che si prova è la riprova concreta di avere tanto di positivo da poter dare e ricevere, perchè si sente fallito solo chi si è posto delle mete, degli obiettivi da raggiungere, delle ambizioni a cui aspirare. Questa sensazione è solo una sensazione temporanea, magari legata al tuo vissuto o alla situazione attuale che stai vivendo. Un caro saluto

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