martedì 24 aprile 2012

Un caffè con....la Dott.ssa Stefania Baronio.



E con oggi inauguro una nuova Rubrica intitolata "Un caffè con..." in cui ospiterò degli/delle esperti/esperte in psicologia, pedagogia, educazione, logopedia e chi più ne ha più ne metta, che, giusto il tempo di sorseggiare un buon caffè accompagnato da due" chiacchiere" utili ed interessanti, ci esporranno le loro originali teorie, spunti per interessanti riflessioni!!!
Oggi ospito la Dottoressa Stefania Baronio che ci terrà compagnia per quattro gustosi caffè parlandoci di Gatti e bambini e non solo...
Come primo incontro direi che si sta una bella presentazione.
Ecco chi è la
  Dottoressa Baronio:


nasce nel 1974 e consegue nel 2000 la Laurea in Psicologia (indirizzo clinico evolutivo) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Si specializza in Psicoterapia Breve Integrata (Iserdip) (2001-2005) rivolta ad adulti e adolescenti. Iscritta all’Ordine Psicologi - Psicoterapeuti della Lombardia (n° 6775). Successivamente si specializza come Sessuologa Clinica presso AISPA (2006-2010). Appartiene alla FISS (Federazione Italiana Sessuologi) come Sessuologo Clinico.
Dal 2002 esercita privatamente l’attività di Psicologa (consulenza, diagnosi), successivamente di Psicoterapeuta (disturbi d’ansia e stress correlati, somatizzazioni, fobie, disturbi alimentari, assistenza alla genitorialità, tecniche di rilassamento …) e Sessuologa Clinica (individuale e di coppia), tenendo corsi specifici sulle tematiche sessuali.
E’
docente e consulente presso enti-aziende privati; insegna in corsi (alcuni da lei progettati) su tematiche come: Comunicazione, Vendita, Stress e burnout, Gestione conflitti in azienda, Coaching., Problem solving, Dinamiche di gruppo, formando sia figure ospedaliere che aziendali. Partecipa a progetti per scuole medie e superiori per la formazione di un’area di ascolto psicologico per studenti-docenti-genitori e di orientamento. Collabora nell’analisi e prevenzione dello stress correlato al lavoro.
Dal 2005 è
Presidente di Commissione esaminatrice per corsi OSS per la Provincia di Milano e Regione Lombardia. Amante dei gatti ha partecipato a Convegni sugli animali, portando tematiche specifiche da lei teorizzate sulla comprensione di questi animali, su come conoscere sé stessi attraverso il felino e come crescere insieme a loro. 

GATTI E BAMBINI ( I parte) 


Stefania Baronio

Introduzione

Da sempre l'uomo è attratto dall'
animale sia per le sue caratteristiche "non umane", che accendono in lui il bisogno di prendersene cura, sia per le emozioni che esso attiva. Molti sostengono che sin dall'era paleolitica l'uomo ha utilizzato gli animali come coadiuvanti alle comuni terapie mediche, ma è solo da una trentina d’anni che sono stati indicati veri e propri percorsi terapeutici. Mediante esperienze condotte su diverse tipologie di animali in relazione con l’uomo, è stato comprovato che attraverso il gioco, l’accudimento e la comunicazione, è possibile ottenere ottimi risultati sulla qualità della vita. L’animale può svolgere infatti diverse funzioni: di diminuzione di stress e di aggressività; di aiuto per soggetti con problemi di comportamento sociale e relazionale; di aiuto per persone con disabilità (fisica e sensoriale), con forme di ritardo mentale o disturbi psichiatrici; per soggetti carcerati o ospedalizzati. Si è dimostrato che la relazione fisica con l’animale (toccarlo, pulirlo, accarezzarlo) aiuta ad aumentare la presa di coscienza della propria corporalità, fondamentale per lo sviluppo evolutivo. Ad esempio, con soggetti ipertesi e cardiopatici si sono avuti ottimi miglioramenti, in quanto accarezzare il manto di un animale diminuisce la pressione arteriosa e regolarizza la frequenza cardiaca.

Quindi la
presenza di un animale, opportunamente impiegato, può essere un importante aiuto alla guarigione e, soprattutto al mantenimento della salute. (Un effetto quest'ultimo, che è stato più volte confermato su gruppi di persone che hanno subìto un infarto: la malattia cardiaca, infatti, si è ripetuta in minore percentuale laddove nella vita dei post-infartuati fosse presente, in modo attivo, un animale). Una conseguenza a questo tipo di relazione privilegiata è stata la stimolazione di energie positive, che ha permesso di rendere più accettabile al paziente il proprio disagio: alcune recenti esperienze condotte su bambini ricoverati in reparti pediatrici, nei quali si è programmato una Attività Assistita dagli Animali, hanno mostrato che l’interazione ludica e l’attivazione di curiosità consentivano di alleviare il disagio della degenza, permettendo anche un rapporto più positivo verso la terapia.

Quindi possiamo osservare che il rapporto con un animale può favorire: crescita evolutiva, benessere e miglioramenti fisici e psichici, socialità e accettazione dei propri limiti.

L’intervento degli animali, scelti tra quelli con i requisiti più adatti in base al progetto terapeutico, può avere diversi obiettivi, tra cui: stimolare l’attenzione e un’interazione comunicativa ed emozionale; stabilire un contatto oculare e tattile; favorire il rilassamento attraverso il controllo dell’ansia e dell’aggressività; esercitare la mobilità degli arti.

Un corretto inserimento degli animali nelle
terapie di aiuto, impone quindi all’origine la scelta dell’animale più adatto: in questo scritto si vuole focalizzare l’attenzione sul gatto.


L’uomo e il gatto 

“Una delle tante idiozie assurte a dignità proverbiale, e contro le quali la scienza vanamente si batte, è l’opinione che i gatti siano falsi” (K. Lorenz: “l’anello di Re Salomone”).

Gli studi hanno dimostrato che è proprio il contrario:
il gatto non riesce a mascherare le proprie intenzioni e per coglierle è necessario osservare e associare le varie espressioni corporali dell’animale con le azioni compiute dallo stesso. I fortunati che hanno letto il libro sopraccitato (a tutti gli altri lo consiglio vivamente) sanno che, affinché ai nostri occhi il gatto risulti come un libro aperto, è necessario acquisire il proprio anello di re Salomone e imparare ad usarlo. Ma come fare? Ad ogni essere vivente e non, è stato donato un bagaglio di risorse e limiti, ed è proprio perché l’uomo è l’animale più evoluto che ha la capacità di capire e sfruttare ciò che ha attorno a Sé, in maniera potenzialmente equilibrata. Per ottenere ciò deve imparare a conoscere e usare se stesso e……tutto convoglia nella comunicazione!

La ricerca scientifica ci ha confermato più volte che la
comunicazione si divide in verbale e non verbale (Watzlawick): la prima copre il 15-20% della nostra comunicazione ed è dominio dell’emisfero sinistro e della razionalità (su di esso abbiamo il pieno controllo); la comunicazione non verbale occupa l’80-85% ed è dominata per lo più dall’emisfero destro. 



Essa è portatrice di informazioni emozionali, sfugge al controllo razionale e quindi al sistema conscio. Ciò che affascina è sia la percezione che non possiamo controllare tutto, sia che esiste un controllo inconscio che non segue le regole razionali (Freud parlava di intenzionalità inconscia); nello stesso tempo però siamo costantemente artefici degli eventi e delle relazioni.

Se prendiamo in considerazione
soggetti sofferenti, notiamo che è proprio la parte emozionale quella più significativa e che manifesta più problematiche: queste caratteristiche diventano ancora più rilevanti nel momento in cui parliamo di soggetti in età evolutiva, periodo in cui la parte emozionale è indubbiamente quella dominante.

Ma ritorniamo al nostro micio…. privo della parola: non avremmo bisogno di nessun
“anello magico” se solo imparassimo a relazionarci con questi minuscoli esseri, usando quella parte emozionale che utilizza la comunicazione non verbale che l’uomo, purtroppo, dimentica crescendo!

Storicamente è l’essere umano che ha scelto il gatto e lo ha addomesticato, oppure è il gatto che ha scelto l'uomo ed è divenuto domestico per propria iniziativa e decisione? Molto probabilmente è vera questa seconda ipotesi. Questo spiega dunque come l'uomo provi per questo animale sentimenti spesso contrastanti: amore, paura, odio… nel migliore dei casi curiosità… ma mai indifferenza; tuttavia pur essendo così evidente, stigmatizzato e privo di sorprese,
il “linguaggio” del gatto crea molte difficoltà all’uomo che vuole stabilire una relazione con lui.

La mia personale esperienza mi ha visto protagonista fin da piccola nel domandarmi cosa portasse a questa difficoltà, nelle persone a me vicine. Forse a me “l’anello di Salomone dei gatti” è stato donato dalla nascita o forse… in un’altra vita ero una di loro… quello che è certo è che, già in tenera età, i gatti mi hanno contagiato con il loro fascino, fascino che invece sembra trascurato da molte persone che anzi lo rifiutano e ne hanno paura. Da grande grazie alla psicologia, terapie personali e sempre più contatti con questi felini, ho capito!

Da un lato, come in parte già espresso, c’è la questione che ancora oggi conosciamo poco il nostro linguaggio non verbale e che ormai c’è tempo solo per sé stessi (in alcuni casi neppure); il felino però ci obbliga, più di altri animali da compagnia, ad attivare diversi meccanismi introspettivi e a riprendere quindi il contatto con quella parte umana ancora “animale”. L’
impegno fisico e mentale che il gatto ci attiva dipende dalle sue caratteristiche, che lo rendono unico proprio per la sua autonomia e indipendenza.

Ma non è tutto qui: c’è ancora qualcosa di particolare in questo animale, che lo rende così affascinante…Si tratta del
compromesso...una parola apparentemente semplice ma il cui significato è così difficile da comprendere anche nelle relazioni umane, figuriamoci quando vogliamo metterci in relazione con un animale, in particolare con un gatto!

Con questo felino, occorre infatti attivare continui compromessi: insieme con esso bisogna scegliere un linguaggio comune, un orario per i suoi bisogni primari, la modalità di gioco, il tempo delle coccole, le sfide di gerarchia…

Di primaria importanza e caratteristica assolutamente differente dagli altri animali da compagnia, è che il
gatto sa dire di NO: questa specifica qualità costringe l’uomo, che cresce con il desiderio e contemporaneamente con la paura più o meno inconscia di guidare/dominare, a mettersi in discussione e a fare fatica.

Proviamo a capire meglio insieme questo concetto con alcuni facili esempi: alcuni amici mi hanno spesso fatto notare che il gatto non ubbidisce, che quando non ha voglia di fare qualcosa semplicemente non lo fa.

A questa obiezione io ho sempre banalmente risposto: <<ma scusate se a voi, stanchi della giornata di lavoro, dopo ore di attività fisica e mentale, quando siete nel vostro letto accoccolati e in procinto di prendere sonno, dicessero “adesso scendi dal letto e giochiamo” oppure “vieni che ti accarezzo” o ancor peggio vi prendessero di forza obbligandovi a stare in posizioni scomodissime… voi lo accettereste?>>….credo di no, vi ribellereste magari aggredendo. Perché dunque chiedete ad un altro, quello che anche voi non fareste, se non per ragioni dettate dalla razionalità, capacità propria ed esclusiva dell’essere umano?

Questi esempi mostrano che avere una personalità indipendente non è una prerogativa solo umana.

Al gatto, inoltre, viene spesso imputato anche di essere solitario e di non dare affetto… ma, sulla base di quanto detto finora, domandiamoci prima se non siamo noi a non saperlo cogliere.

Possiamo aggiungere ora un’ ulteriore caratteristica. Questa capacità del micio di imporre i propri bisogni, obbliga l’uomo che lo cerca come oggetto di bisogno, ad attendere: lo vorremmo vicino per accarezzarlo, oppure lo vorremmo per giocare…e lui ci rifiuta, andandosene o ringhiando o puntando le zampe contro il nostro petto mentre è in braccio. Questo comportamento può essere colto come “non ti voglio bene” soprattutto in soggetti con nuclei psicologici di dipendenza o che stanno attraversando proprio la fase evolutiva di dipendenza come i bambini e gli adolescenti. L’uomo al sorgere del suo bisogno vorrebbe subito l’oggetto utile per soddisfarlo, ma con il gatto non avviene sempre; è così che di fronte all’attesa o si lascia prendere dalla disperazione credendo di averlo perso oppure è costretto ad attendere: se riesce in quest’ultimo obiettivo potrà presto notare che poco dopo sarà il gatto stesso a cercarlo mostrando che il suo affetto non è cambiato.

Anche l
’attesa ha un ruolo importante: fa prendere coscienza sia della frustrazione/limite della non soddisfazione immediata del proprio bisogno, sia che un rifiuto non significa per forza perdita dell’oggetto.

Inoltre il gatto stesso, più del cane, di fronte ai suoi bisogni primari, non ha una grande capacità di attesa: quando vuole qualcosa, farà di tutto per ottenerla, anche miagolando per ore, finché non gli si dà ascolto. Questo comportamento può essere ricondotto, in base alla capacità del padrone di creare una gerarchia, all’essere “capo branco” e quindi a dominare l’animale, ma proprio per il compromesso prima descritto, ci impegnerà nella cura e nel suo allevamento.

E’ dunque per tutte le caratteristiche esaminate che la mia esperienza mi ha portato a considerare il gatto come strumento, non solo di attivazione empatica, ma in base alla teoria delle fasi evolutive di Erikson, anche come oggetto che permette il superamento della fase evolutiva di separazione dalla madre, verso la
formazione di una identità autonoma e indipendente.



....finisce per ora il tempo con la Dott.ssa Baronio, che ringraziamo per il suo articolo e la sua originalissima teoria sui gatti...martedì prossimo continueremo questa interessante "chiacchierata"!!! 

2 commenti:

  1. Chiunque ami i gatti è benvenuto nella mia vita! In questa descrizione ho riconosciuto molti atteggiamenti della mia meravigliosa gatta, con la quale ho condiviso 18 meravigliosi anni!! E quando ha lasciato questa vita ho scritto anche una storia su di lei e sono una grande sostenitrice del benefico effetto dei gatti, che davvero hanno molto da insegnarci!

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  2. Grazie, bellissimo articolo... anche il nostro gattomatto di 3 anni è per noi una grande "terapia" ... si avvicina a chi, di noi in famiglia, è di malumore per metterci di nuovo in "armonia" !
    tutti i miei figli lo adorano, e in particolare la mia seconda bimba non potrebbe proprio fare a meno di lui!
    attendo di sorseggiare altri caffè insieme a voi!

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