venerdì 6 marzo 2015

L'inganno dello psicologismo del successo e le logiche di potere.

C'è una tendenza in Italia riscontrata negli ultimi venti anni a ridurre i problemi di ordine filosofico, sociale, culturale e politico ad una matrice di tipo psicologico, che giustappunto è conosciuta con il nome di psicologismo.

Si è stati propensi a voler far credere che il mancato successo di un'idea, di una proposta innovativa, del mancato realizzasi di una singola persona, del singolo individuo sia da ricondursi alla mancata fiducia nelle proprie capacità, alla mancanza di autostima e spesso nella mancanza di coraggio. Tutto questo ha portato alla pubblicazione di manuali, o manualetti direi, in cui si indicano esercizi di autostima per migliorare la qualità del rapporto con gli altri, in cui si motiva a rischiare il tutto per tutto nel campo lavorativo per diventare "imprenditori e manager di se stessi", di come sviluppare al meglio la comunicazione assertiva per imporsi in un colloquio di lavoro, di come scrivere una lettera di presentazione ed un curriculum vitae per fare colpo sul selezionatore.

E' passata così l'idea che davvero se si vuole una cosa e non la si ottiene è perchè non ci si conosce abbastanza, non si evidenziano abbastanza le proprie qualità, non si crede abbastanza in se stessi e che "tutti possono tutto" basta attivare le proprie risorse interiori e la propria volontà.

Questo tipo di pensiero, se da una parte ha indotto ad una maggiore consapevolezza delle proprie qualità e dell'ottimizzazione delle proprie virtù, d'altro canto è risultato monco di tutta quella parte, necessaria ed imprescindibile, che è il contesto reale in cui si vive, intendendo per "reale" le condizioni economiche di partenza, il contesto sociale, culturale, la regione da cui si proviene e tutto quello che rende un essere umano un animale sociale, come sosteneva Aristotele.

Costruire il proprio futuro non è così facile come costruire una città fatta di lego perchè spesso i mattoncini lego della vita reale non li compri e non li scegli tu, non scegli quali forme e quali colori utilizzare, e la città deve strutturarsi sì sulla propria "fantasia" ma anche con la materia ed il materiale che si ha a disposizione.

Credere nelle proprie capacità ed idee non è che il primo passo per costruire il proprio successo, la propria riuscita, un'attività lavorativa che concilii le proprie naturali predisposizioni con le necessità economiche per la sopravvivenza, ma è anche un presupposto direi ovvio e banale perchè chiunque ha un'idea è anche dotato di entusiasmo per vederla realizzata e l'entusiasmo è alla base della nascita di un'idea, ma è anche vero che se non si è inseriti in un contesto che riconosce un'idea buona ed originale, un'idea vincente, che funziona, può essere questa dotata di quanta bontà si voglia, ma rimarrà un'idea isolata e non supportata, a prescindere dall'entusiasmo e dalle capacità del fautore dell'idea stessa.

Così capita di assistere ad un fenomeno frequentissimo, ossia che un'idea per quanto buona e originale che sia, non riuscirà mai a vincere contro un'idea, magari un pò meno originale e più debole, ma supportata da quelle che il papà del film di "Caterina va in città" indicava come combriccole e parrocchielle.

Il contesto in cui si è inseriti, i gruppi di appartenenza, i partiti, i club, i circoli sono altrettanto importanti tanto quanto possedere un talento. Facendo parte di un gruppo si ha una utenza più ampia a cui proporre la propria idea, sostenitori, passaparola molto più efficace, tanto da farmi pensare che appartenere ad un gruppo valga tanto quanto, se non di più, paradossalmente, che possedere un'idea potenzialmente vincente.

Di contro, però, appartenere ad un gruppo se può essere produttivo e soddisfare il bisogno di sicurezza che ciascun individuo possiede, è pur vero che in alcuni gruppi le logiche di potere orientate al successo immediato chiedono sempre un prezzo da pagare, spesso limitante e spesso vincolante. E' necessario quindi interrogarsi sulle logiche di potere del gruppo a cui si ha intenzione di appartenere qualora lo si ritenesse necessario per conseguire un successo che altrimenti non avrebbe altre vie di sbocco e di uscita.

Cercare di sventare l'inganno dello psicologismo permette anche di avere una visione più obiettiva della realtà e di superare quel senso di frustrazione tanto comune a chi, seppur dotato di idee, talento, entusiasmo e volontà non ha però alcuna rete di supporto, focalizzando le responsabilità del "mancato successo" non su una responsabilità personale tout court ma puntando l'attenzione sulle dinamiche di gruppo e le logiche di potere del contesto nel quale si è inevitabilmente collocati.

2 commenti:

  1. Concordo.

    Aggiungerei una cosa. Spesso dipende anche dalla persona stessa sapersi costruire una rete, specialmente nel lavoro. C'è chi, per propensione personale, non si impegna a fare networking, a costruire una base di contatti. Credo che queste persone dovrebbero essere consapevoli che, con tutta probabilità, avranno meno possibilità di vedere appoggiate le proprie idee o i loro passi avanti nella carriera rispetto ad altri.

    RispondiElimina
  2. Sì, è vero ...è necessario essere "aperti" all'idea di fare in modo che la propria idea sia quanto più possibile conosciuta e veicolata tramite contatti, e quindi essere predisposti a costruire una base di contatti, come ben dici. E' chiaro che la situazione culturale ed il contesto in cui si vive incide non poco...direi che anche saper scegliere i contatti aperti a loro volta all'idea ed alla proposta sia altrettanto importante.

    Grazie per aver lasciato il commento ricco di spunti di riflessione!

    RispondiElimina

Dì la tua...e grazie mille per averla detta!