
1) Il progetto nasce con lo scopo di combattere le
nuove forme di violenza veicolate attraverso la rete. Cosa si intende per
cyberbullismo?
R: Cyberbullismo è un neologismo
che deriva dalle parole bullismo e cyber descrivendo un fenomeno nuovo, per
alcuni un'evoluzione del classico bullismo, forma di prevaricazione esercitata
in maniera continua fra pari ma in contesto di asimmetria di potere, per altri
una fattispecie di violenza fra pari del tutto nuova. Ad una prima definizione
sembrerebbe che la differenza sostanziale fra bullismo e cyberbullismo si situi
nel mezzo attraverso il quale vengono inflitti dei danni, nel caso del
cyberbullismo, infatti, non feriscono i pugni o gli insulti verbali ma si
ferisce attraverso l'uso del computer e altri dispositivi elettronici. Questi
mezzi di offesa, però, mutano, di
fatto le caratteristiche essenziali di questa forma di violenza fra pari, in
primo luogo, infatti, rispetto al bullismo, il cyberbullismo può raggiungerti
sempre e ovunque non dando alla vittima spazi di tregua, la presenza di uno
schermo che divide la vittima dal bullo impedisce di vedere la sofferenza
altrui e sviluppare empatia,
ugualmente basta cliccare un "mi piace" per aggregarsi al
branco di bulli, in maniera spesso inconsapevole e deresponsabilizzata
("non ho fatto niente, ho solo condiviso una foto"), il cyberbullismo
inoltre è molto più accessibile del bullismo classico, non è necessaria la
presenza di un'asimmetria di potere, non bisogna essere i più forti o i più
carismatici, basta avere una connessione internet, infine la viralità, l'atto
di cyberbullismo non si limita a coloro che vi assistono, alle "voci"
che i giorni dopo si diffondono nella scuola o nel gruppo sportivo, ma
potenzialmente può diventare virale e raggiungere un infinito numero di
persone, inoltre questa forma di violenza rimane nella rete, reiterando e
"ricattando" il bullato potenzialmente per sempre. Infine vi è un
cambiamento nella richiesta di aiuto, la violenza è un fenomeno già
generalmente difficile da denunciare agli adulti, il cyberbullismo in questo
senso è ancora più lontano dal mondo degli adulti che, considerato il gap
generazionale, non sono effettivamente in grado di consigliare e aiutare i
propri figli e nipoti che si relazionano con le nuove tecnologie.
2) La vostra azione per arginare i rischi verso i quali va incontro la nuova cyber generation contempla azioni preventive per limitare i danni del cyberbullismo. Nel concreto quali mezzi utilizzate per diffondere una cultura dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità?
2) La vostra azione per arginare i rischi verso i quali va incontro la nuova cyber generation contempla azioni preventive per limitare i danni del cyberbullismo. Nel concreto quali mezzi utilizzate per diffondere una cultura dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità?
R: Il nostro approccio non è tanto quello di fornire ai ragazzi
che incontriamo delle informazioni tecniche, come si protegge la privacy o si
blocca un contatto, l'utilità di questo genere di informazioni, infatti,
passerebbe in fretta con il mutare velocissimo dei mezzi, specialmente i social
network maggiormente utilizzati dai ragazzi e soggetti anch'essi a mode e
aggiornamenti. Ciò che ci interessa è far crescere i ragazzi nelle proprie
competenze sociali, nelle life skills, che non li abbandoneranno nella
crescita, a prescindere dall'evoluzione dei social network e della pervasività
del web. Fra queste ci interessa sviluppare l'investimento nelle relazioni
positive, nella comprensione delle proprie e delle altrui emozioni, permettere
ai ragazzi di ragionare su come ci comunichiamo agli altri e quanto sia
parziale l'opinione che ci facciamo degli altri così come degli altri di noi,
ragioniamo insieme sulla responsabilità individuale. Inoltre riteniamo in primo
luogo che il cyberbullismo sia una forma di violenza, considerando, però, che
la violenza ha tre gambe: la violenza diretta che è visibile e mostra immediatamente
i suoi effetti, la violenza culturale che nutre e giustifica la violenza
diretta, e la violenza strutturale che offre i presupposti appunto strutturali
affinché la violenza diretta si reiteri. Nel caso del cyberbullismo, sono la
discriminazione, il razzismo, l'omofobia, la definizione di
"anormalità" e diversità che alimentano e giustificano le
persecuzioni via internet, se si vuole quindi incidere sulla violenza diretta
del cyberbullismo bisogna eliminarne le matrici culturali, per questo educare
alla diversità e all'inclusione. Ugualmente si incide sulle cause strutturali,
su un sistema sociale che criminalizza ed emargina i giovani, vietato giocare a
pallone nei cortili, o li indirizza ad attività a pagamento che non tutte le
famiglie possono permettersi o su cui hanno lungimiranza di investire,
l'alternativa è la solitudine in casa o l'inattività e la noia per strada. Si
invitano i giovani a riflettere sul tempo passato "connessi" e quello
dedicato ad incontrare e chiacchierare con gli amici di persona.

3) Quale ritenete sia la valenza educativa dell’arte e della creatività?
L'arte ha nel nostro progetto il ruolo di volano di
attivismo sociale. Non ci bastava "sensibilizzare" degli adolescenti,
ci interessava molto di più che i giovani beneficiari non si sentissero
"schiacciati" dal problema ma intravedessero gli spazi per attivarsi
e contrastarlo, l'arte ha proprio questa funzione: permette ai giovani di
esprimersi e veicolare, in un linguaggio comprensibile ai loro coetanei, dei
messaggi educativi.
4) Quale è il riscontro e l’impatto che sortite nel
presentare i vostri progetti nelle scuole?
C'è interesse da parte delle scuole, il problema è percepito
anche se spesso, benché in presenza di fenomeni molto gravi, assolutamente
invisibile a genitori e insegnanti. La realtà virtuale è un mondo parallelo e
assolutamente autentico per gli adolescenti e preadolescenti, all'interno dei
quali si costruisce e si media una "reputazione" e una posizione
sociale nel gruppo dei pari. I ragazzi, dal canto loro, conoscono molto bene il problema e si
confrontano alla pari con gli educatori, quali "esperti" in prima
persona del tema. La metodologia partecipata e laboratoriale viene apprezzata,
cattura l'attenzione e permette anche ai più timidi di esprimersi. Gli
insegnanti hanno riscontrato al termine del percorso un miglioramento nelle
relazioni in classe fra gli studenti. Abbiamo poi le "opere", ciò che
gli studenti hanno voluto creare e produrre per denunciare il fenomeno del
cyberbullismo e per educare altri a resistere a questa forma di violenza. Vi
invitiamo a vederle sul nostro blog www.nonbullartidime.org!
5) Qual è la filosofia che anima le vostre azioni?
In primo luogo, come si diceva,
una visione olistica del fenomeno violento, va bene contrastare il fenomeno del
cyberbullismo, che rappresenta, però, la punta dell'iceberg di una dinamica di
violenza culturale e strutturale di discriminazione e prevaricazione più ampia
sulla quale bisogna agire.
In secondo luogo cerchiamo di
agire non solo sul bullo, punendolo o criminalizzandolo, né solo sulla vittima,
vittimizzandola ulteriormente, ci interessa, al contrario, incidere sui gruppi
responsabilizzando ciascuno membro a non rimanere massa grigia ma "alzarsi
in piedi" contro ogni forma di violenza.
In terzo luogo l'approccio
partecipativo, nelle attività ma anche nella stessa struttura del progetto
educativo, al termine del quale sono i ragazzi stessi chiamati a mettere in
gioco ciò che hanno imparato e la loro creatività per aiutare i propri
coetanei.
Tutti questi aspetti rientrano
in un'ottica più ampia di educazione alla pace ai principi della quale facciamo
riferimento e crediamo fortemente. Cogliamo l'occasione per ringraziare il
Centro Studi Sereno Regis www.serenoregis.org che ci ha permesso di formarci
proprio in un'ottica di educazione alla pace e ci ha supportato in ogni fase
della realizzazione di questo progetto.
Grazie a questi giovani che con entusiasmo, studio, impegno e preparazione forniscono un servizio utile e produttivo contro un fenomeno dilagante e deleterio, quale è il cyberbullismo. Buon proseguimento!
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