Ricordo quando da piccola accompagnavo mia zia a "giocare i numeri"...quando ancora non esistevano le macchine elettroniche, schedine e computer ed i numeri venivano annotati su di un biglietto doppio ( di un verdino sbiadito tendente al giallo, ma forse era semplicemente un bianco sporco) su cui la mano veloce del "bigliettaio" nella ricevitoria al Vomero (quartiere collinare di Napoli) in cima alla ripida scala scriveva numeri incomprensibili quasi più simili ai geroglifici preistorici che a veri e propri numeri...In fila ognuno teneva il proprio biglietto gelosamente custodito perchè "sia mai" qualcuno sbirciasse i propri preziosissimi numeri, il "Non ti pago " di Edoardo De Filippo scorreva nelle vene degli "scommettitori" come sangue e quel piccolo biglietto di carta con quei segni racchiudeva speranze, dolori ( è usanza a Napoli giocarsi i numeri delle date di chi muore, per esempio), tradizioni ataviche e qualche volta storie rocambolesche e divertenti. Ottenuta la ricevuta, si ritornava a casa, come custodi di qualcosa di prezioso e il lume del comò, imponente e pesante fungeva da semplice fermacarte di quel biglietto piccolo e sottile ma carico di aspettative e speranze!
Al mattino, in casa delle mie zie, era un raccontarsi con foga i sogni fatti per poi spulciare sulla smorfia napoletana eventuali significati a cui abbinare i numeri...E capitava che la zia vincesse, piccole somme, ma tutte le volte era un prodigarsi di regali ai nipoti, alle sorelle, ai vicini di casa...si divideva la vincita...una vincita partecipata come quando a Natale l'ambo, il terno, la tombola vinta dalla zia di quelle 10, 20, 50 lire, finiva nelle tasche dei nipoti al momento dei saluti.
Ci sono piccoli spaccati di una quotidianità fatta di riti, di vita vissuta, di scambi di sensazioni e di emozioni che sono indelebili, il cui ricordo evoca un passato intriso di una umanità desiderosa di condividere, di comunicare, in cui la corsa al gioco non era fine a se stessa, ma rappresentava un mondo, quello del dopoguerra napoletano, in cui tentare la fortuna era diventato un lusso...quelle 200, 300, 500 lire, spesso anche 1000, era un modo per le generazioni passate per esclamare "Ricominciamo a vivere!" e quello che la sorte ci ha fatto subìre senza il nostro consenso, quella guerra, quelle bombe, quel correre alla sirena assordante e angosciante per nascondersi in qualche sotterraneo, quel rincorrere quella medicina e pagarla il triplo del suo reale valore, quel dividersi quel piatto di pasta e mangiare una volta al giorno, non per mantenere la linea ma per mantenersi in vita, era un modo per investire nei propri sogni e gridare al mondo che la guerra era solo un brutto ricordo...
Mia zia qualche volta vinceva al lotto...ed in quella busta tutta "mappocciata" consegnata al bancone lungo e pieno di vetrate del Santuario di Pompei sono custodite le sue vincite in cambio di preghiere e messe...quando i soldi non erano il fine ma solo un modo per essere più generosi ed anche un modo per fare del bene....!
sono bei ricordi vero ?
RispondiEliminabellissimi! Ricordi in bianco e nero pieni di colore!
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