Ebbene sì. Sono quaranta…manca poco, poco davvero e quel quaranta
che mi è rimbombato nella testa tutta l’estate sarà compiuto, fa quasi
impressione dirlo. Un numero infinito, bello, corposo, eppure ristretto come il
ragù rosso, intenso, condensato… E’ tempo di bilanci, non quelli che si fanno
ogni mattina sulla bilancia per cogliere quel piccolo cambiamento che ci possa
illudere che quel fantomatico jeans comprato appena lo scorso autunno possa
finalmente essere calzato a pennello senza compiere improbabili manovre di
disostruzione di lardo in eccesso per entrarci dentro!…e nemmeno di quei bilanci che una volta aver sommato,
moltiplicato, diviso e sottratto puoi tirare una linea, bella netta e sotto,
scrivere il totale, a chiare cifre, tonde, nette, ma-te-ma-ti-che…questo è un
bilancio sempre in trasformazione…un bi-lancio, un doppio lancio, con un salto
lanciato in avanti, e uno indietro.
Il primo decennio è stato quello che mi ha impostato tutti
gli altri, quello che lega tutti con un filo conduttore, invisibile, costante…un
filo che a volte si “arravoglia” al punto da non capirne più quale estremo
faccia parte del capo e quale della coda...no, non un capitolo fondamentale,
piuttosto la musica di sottofondo, la colonna sonora di ogni anno a seguire… Il
più significativo, doloroso, …no, forse non il più doloroso, il dolore cresce
con l’età, con la consapevolezza di quello che certi accadimenti significano a
lungo termine, e questo tipo di dolore non lo puoi avere a sette anni,
perché, nonostante tutto, a quella età, non si possono nemmeno lontanamente immaginare
le conseguenze della morte di un genitore… ma di certo quello che mi ha
insegnato cosa fosse il vuoto che si crea quando una persona cara
all’improvviso non c’è più…che mi ha insegnato che ci si può sentire dei “don
Chisciotte” anche a soli sette anni, pronti a sfoderare la spada e difendere
gli abitanti di quel nido rimasti senza il capofamiglia…a difendere tutti,
tranne te stesso a tal punto da non sapere cosa significasse piangere, piangere
davvero e come bandieruola al
vento trovare ed intuire, intravedere e cercare un punto di riferimento che
desse un senso, un motivo, un ideale, un appiglio che trasformasse quel dolore
in un punto esclamativo del tipo: Ecco!Ho capito! Un’affermazione, una certezza
da cui trarre forza per colorare tutto quello che in fondo in fondo non faceva
così paura…una paura sconfitta nel momento in cui quel dolore lo si è provato,
vissuto, subìto…Non ho mai avuto paura della morte…quando la incontri a soli
sette anni, la morte diventa una compagna di cammino, ce l’hai addosso e ti
illumina paradossalmente tutto ciò che vivrai fino a conferire ad ogni cosa, ad
ogni persona ed ad ogni evento uno sguardo che ne riconosca la bellezza unica ed
ineguagliabile, nella consapevolezza che nulla, ma proprio nulla è per sempre e
tutto è così prezioso proprio nel momento in cui ce l’hai davanti. Non prima e
nemmeno poi, ma adesso, nel qui ed ora.
Il secondo decennio, dai dieci ai venti, mi ha regalato la
consapevolezza tangibile che la vita ti sorprende sempre, in ogni momento, e
che la ribellione a certi eventi, a certe persone, ad un tipo di educazione, a
certe imposizioni non è stata che la matita che mi ha tratteggiato la
personalità, che a volte ha scavato così forte il foglio in cui imprimeva la
punta da lasciarne ancora oggi i segni, un tempo così osteggiati nel tentativo
di schivarne l’irruenza, la cui vista oggi è, invece, accompagnata da una
languida carezza di gratitudine immensa verso chi ha destato tale e tanta
ribellione... Un regalo che mi porto dietro da quegli anni di apparente stasi e
di maschere di una quieta apparenza ma di terremoti interiori è quella forza
che un tempo ha inciso sulla carne quei tratti così profondi che è la stessa
forza che oggi uso per tratteggiarne i contorni con leggerezza e soave
rispetto.
Il terzo decennio, dai venti ai trenta, è stato animato
dagli anni della scoperta, dell’uscita dal guscio, dal fare capolino in quel mondo
così sconosciuto e affascinante; è stato il decennio dei sogni, dei progetti,
degli obiettivi fissati e svaniti, conquiste e vittorie, penso alla laurea,
alla patente, ai primi impegni di lavoro, alle uscite e alla vacanza con le
amiche di sempre dopo aver abbandonato progetti che mi avrebbero vista già
moglie a ventiquattro anni….anni in cui percepivo un essere adulta così lontano
e diverso dall’essere donna di oggi. Un’indipendenza economica che ha dato
l’illusione della libertà, libertà conquistata a suon di scelte drastiche,
definitive, di punti di non ritorno…biglietto solo andata…destinazione:nord
Italia.
Il quarto ha rappresentato l’ingresso nell’età adulta, il
matrimonio, la maternità, il lavoro a singhiozzi, sia per la precarietà dello
stesso che per le lacrime versate per la precarietà …dello stesso, il saluto a
persone fondamentali nella mia vita, a volte un arrivederci a volte un saluto
definitivo; la consapevolezza contro ogni evidenza di non essere sola, e non
solo perché ho uno splendido marito e due figli, dono immenso, ma perché credo
in Chi questi doni immensi mi ha donato.
Tante cose sono andate, tante persone non ritorneranno più
nella mia vita, tante altre le ho allontanate io consapevolmente e alcune inconsciamente, e tanti
eventi posso solo guardarli con languida nostalgia e immensa gratitudine ma,
come dice una persona che ho incontrato nel mio cammino, non importa che ci
siano cose che siano finite per sempre, l’importante è che ci siano state…e
molte altre ce ne saranno!
In questo bilancio esistenziale, descrivi con vivacità e sentimento la tua realtà.
RispondiEliminaMi identifico particolarmente in ciò che dici riguardo alla perdita precoce de tuo papà; è successo lo stesso a me, un po' più tardi, a dodici anni e mi sono ritrovata nelle tue parole. Il resto è vita, come diceva Costanzo, spiccioli o cifra tonda.Tanti cari auguri per il futuro, per tutte le cose che ti stanno a cuore.
Mi fa piacere comunicarti che ho aperto un nuovo blog
"i giorni di Santippe" raggiungibile anche da "Lo schiaccianoci" così, per fare qualcosa di nuovo in attesa dell'autunno, che io amo.
Proprio oggi ho pubblicato un post che si intitola "come la banderuola", l'espressione che usi nel post... che coincidenza!
Ti aspetto un abbraccione:)) Marilena
Grazie! :-)
EliminaOgnuno vive la sua esistenza singolare,unica eppure a leggerti mi rendo conto di come invece le tappe siano uguali quasi per tutti,come i vari decenni da te descritti accumunano le persone e forse è per questo che a volte le donne sono più complici fra di loro a questa età che non prima.Almeno quelle che le tappe non le hanno saltate o che per qualche ragione sono rimaste indietro anche alla soglia dei quaranta,quelle che anche se con vissuti diversi hanno provato le medesime emozioni belle e brutte,quelle che il salto bene o male l'hanno dovuto fare verso indipendenza e imparare a stare in piedi da sole.
RispondiEliminaTi faccio i miei auguri per i tuoi meravigliosi quaranta,io li ho già passati.Da quanto scrivi desidero dirti che sì i tuoi quaranta li porti bene dentro di te.
Un saluto
Grazie mille! :-)
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